Per avvicinarsi in modo corretto alla coltivazione biologica di qualunque specie, occorre avere una visuale ampia, che vada al di là della specie coltivata.
Il vigneto è un piccolo ecosistema in cui la crescita della vite e la sua produzione sono strettamente legate alle caratteristiche del terreno e alla sua esposizione, al clima e al tipo stesso di pianta (portinnesto e vitigno).
Se vogliamo produrre in modo “biologico”, occorre che l’ecosistema viticolo sia il più possibile in equilibrio per funzionare al meglio. Questa è la premessa per poter coltivare senza impiego di concimi e antiparassitari chimici di sintesi.
In concreto significa che non tutti i terreni e le esposizioni sono adatti alla viticoltura biologica, come spesso non lo sono per produrre uve di qualità: la prima regola è seguire la vocazione della zona. E’ inutile spingersi a coltivare la vite nei fondovalle umidi, perché i risultati saranno sicuramente scarsi.
Scegliere portinnesti adatti al tipo di terreno è alla base di uno sviluppo equilibrato della pianta, così come effettuare concimazioni mirate.
In agricoltura biologica il suolo non è considerato un substrato inerte, ma ciò che caratterizza un terreno biologico è proprio la vitalità, cioè la presenza di miliardi di microrganismi utili, legati alla presenza di sostanza organica.
Tutti conoscono i vantaggi legati alla presenza di sostanza organica nei suoli, che vanno dalla capacità di trattenere sostanze nutritive per la pianta e cederle lentamente, alla capacità di trattenere la giusta quantità di acqua e favorire la struttura del terreno impedendone il dilavamento, e così via.
Tuttavia negli ultimi decenni la specializzazione in viticoltura e il contemporaneo abbandono dei piccoli allevamenti zootecnici, insieme all’uso di soli concimi chimici, ha portato ad un impoverimento dei terreni viticoli di alcune aree piemontesi; i valori di sostanza organica sono in alcuni casi molto al di sotto di quelli ottimali.
Poiché lo scopo della fertilizzazione è pur sempre legato alla produzione e si opera anche in un regime economico, occorre conoscere il proprio terreno per poter effettuare concimazioni mirate a produzioni di qualità. Solo attraverso un’analisi del suolo accurata sarà possibile conoscere i livelli di sostanza organica e dei principali elementi presenti.
Un terreno viticolo dovrebbe avere un tenore ottimale in sostanza organica pari all’1,5-2% (Bavaresco, Vercesi); a seconda del valore riscontrato nel nostro suolo occorrerà orientare la fertilizzazione avendo come obiettivo l’arricchimento o il mantenimento nel tempo. Sappiamo infatti che l’humus presente nel terreno si mineralizza in quantità pari all’1-2% all’anno: si stima la perdita annua di humus intorno ai 1000-1500 kg/ha. Una certa quantità di humus viene restituita al terreno con la pratica della trinciatura dei sarmenti (ca 300-600 kg/ha /anno a seconda della vigoria delle piante). Anche l’inerbimento del vigneto produce e restituisce humus al terreno (ca 300-800 kg/ha/anno), come pure la pratica del sovescio. Le lavorazioni invece aumentano la mineralizzazione della sostanza organica del suolo. Per mantenere quindi il bilancio in pareggio è necessario fornire ancora una parte di humus sotto forma di ammendanti organici quali il letame, i compost, la paglia.
Quando si distribuisce un ammendante organico al terreno, bisogna conteggiare, nel piano di concimazione, gli elementi minerali presenti in esso, tenendo presente che tali elementi si liberano lentamente. In particolare, quando si distribuisce sostanza organica compostata, si considera che fosforo, potassio e magnesio si liberino in più anni (4 o 5), l’azoto in 2, massimo 3 anni. La sostanza organica fresca, che non deve mai essere interrata, all’inizio (nei primi mesi) consumerà una parte dell’azoto minerale del terreno, fissandolo e cedendolo successivamente.
Dalla tabella si può osservare, a livello puramente indicativo, i contenuti in sostanza organica e nei principali elementi nutritivi, presenti in 100 q di letame compostato. Tale quantità, se distribuita annualmente, riporterebbe in pareggio il bilancio dell’humus come complemento alle pratiche dell’inerbimento e della trinciatura dei sarmenti.
Per quanto riguarda gli elementi nutrizionali, il piano di concimazione deve essere studiato in base agli asporti della vite, alle restituzioni e alla naturale dotazione del terreno. Un tecnico potrebbe aiutare a valutare, in base all’analisi, se la dotazione del terreno in elementi poco mobili (ad esempio fosforo, potassio, calcio, magnesio) è molto scarsa, scarsa, normale, buona o ottima. Per i suoli ricchi di un determinato elemento è perfettamente inutile la sua somministrazione con la concimazione; viceversa, se un terreno è carente, ad esempio di potassio, occorre aumentarne la somministrazione rispetto al solo asporto produttivo. Anche l’interazione tra elementi nutrizionali è un fattore di cui si deve tener conto quando si programma la concimazione: talvolta infatti l’eccesso di un elemento impedisce l’assorbimento di un altro. In caso l’apporto di letame o altra sostanza organica non sia sufficiente a coprire il fabbisogno in potassio e/o fosforo e/o magnesio, è opportuno somministrarne un’integrazione scegliendo tra i concimi previsti nell’Allegato II del Reg. CE 2092/91 e successive modifiche: si tratta per lo più di sostanze minerali di estrazione o sottoprodotti di alcune lavorazioni.
In caso di carenze nutrizionali di un microelemento, si può intervenire a breve, previa autorizzazione dell’organismo di controllo, con prodotti fogliari, ma occorre poi approfondire il problema per mettere in luce la causa e programmare, nel lungo periodo, interventi sul terreno.
In linea generale, un terreno “biologico”, da molti anni concimato con sostanza organica, non dovrebbe dare gravi problemi di carenze, in quanto, specialmente il letame, apporta anche microelementi.
Anche nell’impianto del vigneto si sottolinea l’opportunità di una buona letamazione di fondo (600-800 q/ha), evitando poi di concimare nei primi tre anni.
Per quanto riguarda tutte le pratiche di gestione del vigneto (potatura, gestione della chioma, ecc), si possono ricondurre a quelle di una viticoltura di qualità.
Per quanto riguarda la gestione del suolo, si ricorda che l’impiego di diserbo chimico è assolutamente vietato: è possibile scegliere tra la lavorazione meccanica e l’inerbimento sia dell’interfila che sulla fila. I fattori da considerare per decidere una corretta gestione del suolo sono quindi legati a considerazioni di carattere agronomico generale. Schematizzo, per una semplificazione del problema, quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’inerbimento del vigneto, lasciando a ciascuno le considerazioni legate al proprio terreno. Tra i vantaggi, si può sottolineare, per le aziende biologiche, quello di poter entrare tempestivamente nel vigneto, come spesso accade, per effettuare trattamenti antiperonosporici di copertura in caso di piogge ripetute e persistenti.